101 cose da fare a Bergamo almeno una volta nella vita by Luca Gian Margheriti

101 cose da fare a Bergamo almeno una volta nella vita by Luca Gian Margheriti

autore:Luca Gian Margheriti [Margheriti, Luca Gian]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788822770066
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-03-20T23:00:00+00:00


52.

Comprendere Manzù andando alla GAMeC

Giacomo Manzù è stato da molti indicato come il più grande scultore del Novecento (ne abbiamo già parlato nel capitolo 34 e nel capitolo 35). Le sue opere, al pari di quelle dei grandi scultori del Quattrocento, come Donatello e Filippo Brunelleschi, sono di un’estrema naturalezza e al contempo inquiete e palpitanti. Immediatamente comprensibili al pubblico, le opere di Manzù, come solo quelle dei grandi artisti sanno fare, hanno una presa istantanea su chi le osserva.

Indifferente alle mode che attraversarono il Novecento, impermeabile al futurismo o al cubismo, Manzù si approcciò alla scultura, come soleva ripetere, «senza maestri», tanto da essere accusato da più parti di essere un’artista passatista. Il suo tradizionalismo è invece frutto di una reinterpretazione personale dei canoni estetici dominanti nell’antica Grecia e nel Rinascimento, a cui Manzù aggiunge riflessioni relative al problema della luce che investe le forme, indagato nell’Ottocento da Auguste Rodin e Medardo Rosso, che Manzù risolve eliminando tutti i fronzoli romantici dalle sue opere. Come ha scritto Maurizio Calvesi: «L’arte di Manzù è del tutto immune dai rivolgimenti e dalle riduzioni delle avanguardie. È la felice, quasi spontanea continuazione dell’arte delle grandi epoche del passato, un’arte che scorre come un ruscello fra nuovi territori ma da remote fonti».

Il luogo dove Manzù trovò terreno fertile per la sua arte, dopo una disastrosa parentesi parigina, fu Milano, città dove si trasferì a vivere nel 1930. Ignorando le tendenze moderniste di scultori come Lucio Fontana, Fausto Melotti e degli altri artisti riuniti intorno alla Galleria del Milione, Manzù proseguì il suo percorso da autodidatta che, guardandosi intorno, prendeva spunto sia da quello che succedeva in quei mesi nell’arte milanese sia dal passato, ripescandone tendenze significative. Fin da subito Manzù fu notato per questa sua capacità di conciliare la modernità al classico e, pochi mesi dopo essere giunto a Milano, a soli ventidue anni, ricevette il primo incarico pubblico: realizzare alcune sculture decorative per la cappella dell’Università Cattolica. Nei due decenni successivi Manzù diede forma ai suoi principali capolavori come la serie dei Cardinali (vedi capitolo 35) o quella della Fanciulla su una sedia.

Con la mostra personale a Palazzo Reale, a Milano, nel 1948, Manzù entrò di diritto nel novero dei più grandi artisti del XX secolo. A contribuire a questo successo ci fu anche la vittoria del concorso per realizzare una porta per la basilica di San Pietro a Roma. Il concorso, bandito nel 1947, fu definitivamente vinto da Manzù, dopo una lunga serie di selezioni, solo nel 1952.

Nel frattempo, Angelo Roncalli divenne Giovanni XXIII, il papa buono di Bergamo; quando il nuovo papa si trovò a dover scegliere qualcuno per eseguire il suo ritratto, si ricordò di aver conosciuto a Bergamo il sagrestano della chiesa di Sant’Alessandro in Colonna e che questo gli aveva raccontato di avere il figlio che faceva lo scultore (vedi capitolo 34). «Il figlio del Manzoni di Bergamo», disse il papa di volere per il suo ritratto ufficiale. Il fatto che nel frattempo il figlio del Manzoni



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